venerdì 27 febbraio 2015

Adoption


27 Febbraio 2517, Horyzon

Avevo sussultato sentendo il telefono e avevo storto le labbra leggendo il nome sul display.

"Che c'è?"
"Buongiorno anche a te raggio di Sole."
"E' notte e piove..."
"Ancora non riesco a regolarmi con questo maledetto fuso orario, comunque tutto bene? Mi sembri più scontrosa del solito."
"Tutto bene, inizio ad annoiarmi, mi manca qualcosa..."
"Io lo so che ti manca. Ti avevo anche organiz..."
"No. Col cavolo che mi sposo Pà."
"Sei troppo categorica. Ma credo anche di capire perchè. Non l'hai mai superato, vero?"
"Chi? Cosa? Non capisco di cosa stai parlando."
"Ma sì, lo sai! Come si chiamava il rampollo che c'aveva l'armeria su Hera? Andres? No aspetta..."

    Avevo stretto con tutta la forza l'apparecchio e non so per quale strana ragione non gli ho gridato di tutto facendo risalire dalla tomba un fantasma che tormenta anche troppo spesso il mio sonno.

"Perchè hai chiamato?"
"Ah si giusto! Volevo farti gli auguri. E' vero che ti ho strappato ai Petit a Gennaio, ma le carte dell'adozione erano arrivate solo in Febbraio, ricordi?"

Avevo sorriso mestamente rimanendo in silenzio per la cecità di quell'uomo così testardo.


***
24 Settembre 2504, Clackline

"Ho nel grembo il figlio bastardo di tuo figlio." l'uomo s'era ammutolito. "Bene, ora che ho la sua attenzione ci tengo a precisare una cosa: mi chiami un'altra volta piccola lurida schiava e giuro che la sua bella azienda che vive in questa cittadina così...ortodossa, chiuderà i battenti in poco tempo. Ora..." s'era accomodata accavallando le gambe e aveva sorriso. "parliamo di affari."
    La ragazza era rimasta impassibile mentre il capofamiglia sembrava stesse boccheggiando. Conosceva bene la tenacia di quella giovane donna, la conosceva da che aveva provato a iniziare a scappare appena l'aveva comprata, come del suo odio viscerale per lui per averla marchiata come un animale. Ora aveva dentro di sè tutte le carte in regola per rovinarlo.

"Gliela faccio facile. Io firmo un contratto dove prometto di abortire, a spese vostre ovviamente, e di tacere su questa relazione, lei mi venderà a chi le indicherò io. Se ci pensa bene, non ci va nemmeno a rimettere... costi per l'aborto a parte."
"A chi dici tu? Parli come se avessi già trovato un compratore così stupido da volere una schiava così ribelle."
"Non è esattamente un compratore." aveva sorriso e non aveva dato altre indicazioni. "Lo prendo come un sì?"

***

poche settimane prima

"Signora, la borsa!"

    Un ragazzino, dalla mano lesta, stava per afferrare una bella somma di denaro e, grazie all'urlo della giovane schiava, si era dato alla fuga.
L'anziana donna, una signorotta visibilmente benestante, sembrava essere rimasta piacevolmente colpita dall'onestà della ragazza nonostante il collare che pesava sulla sua gola.
Si erano messe a chiacchierare del più e del meno sino a che non arrivò il figlio della donna che ne decantò le qualità raccontandogli, per filo e per segno, il coraggio della giovane.

"Come ti chiami?"
"Sophia."
"Solo Sophia?"
"Una schiava è già tanto se ha un nome."
"E non ti piacerebbe se le cose fossero diverse? Se fossi libera?"

    Aveva sorriso la ragazza, ancora accecata da stupidi sentimenti e false speranze future, rifiutando l'offerta dell'uomo che, mosso da chissà cosa, sembrava aver visto in quella schiava più di quello che appariva.
Non aveva fatto pressioni il signore lasciandole solo un biglietto da visita.

"Se cambi idea o ti trovi nei guai puoi contattare questo numero."

***



25 Settembre 2504, Clackline

    S'era rigirata tra le dita diverse volte quel biglietto trasparente prima di trovare il coraggio, d'altronde erano passate diverse settimane e, si sa, che la parola di qualcuno è sempre molto volubile.
Alla fine si era decisa a comporre il numero.

"Pronto?"

Aveva riconosciuto quella stessa voce che le aveva dato il biglietto e aveva trattenuto il fiato.

"John Tyler? Sono Sophia, la ragazza di Clakcline, ricorda? Avrei bisogno di un favore da chiederle..."

Dall'altra parte del Verse, un uomo in vestaglia, stava sorridendo.

"Ricordo... stavo aspettando la tua chiamata."

Aveva riagganciato l'uomo dopo una lunga conversazione di mezz'ora. La madre, svegliata dal chiacchiericcio in fondo al corridoio, si era avvicinata al figlio chiedendogli chi fosse a chiamare a quell'ora così tarda.
Non aveva risposto voltandosi sorridendole felice.

"Credo che, finalmente, abbiamo trovato quella giusta." 

sabato 21 febbraio 2015

Frozen


16 Febbraio 2517, Horyzon

    Leggevo nei suoi occhi la dannata voglia di sapere, ma questa volta sapevo esattamente che cosa dovevo fare.

***

24 Settembre 2504, Clackline 

    Iniziavano a imbiondire le foglie ma sembrava che, una volta tanto, nonostante la sua situazione, la giovane ragazza fosse felice. 
Era mano per la mano con chi le aveva promesso la libertà e l' aveva sigillato con un anello e un regalo più grande che nessuno dei due si aspettava e di cui doveva parlargli appena possibile. 

"Aspettami qui, ho solo alcune cose da fare. Anzi, no... vatti a prendere qualcosa di buono."

    Le aveva donato un bacio ed era entrato all' interno del locale Two Mask infilando le mani in tasca. Lei aveva semplicemente sospirato cercando una bancarella con qualcosa da sgranocchiare per ammazzare il tempo quando una voce familiare aveva rotto il silenzio.

"Non gli crederai a quel damerino."
"Senti da che pulpito..."
"Almeno conosci la nomina di Pierre Petit?"
"Oh si, un don Giovanni, ma è decisamente cambiato."
"Cambiato?" domanda divertito l'uomo incrociando le braccia al petto. "E in cosa? No, aspetta, aspetta! Lo so! Ha detto di amarti e ti ha regalato un anello a forma di delfino per rassicurarti che ti avrebbe donato la libertà. Sbaglio?"

    Istintivamente aveva nascosto la mano dietro di sé mordendosi la parte interna della guancia e spostando lo sguardo altrove infastidita.

"Cielo!" s'era messo le mani nei capelli "Non posso crederci che ha abbindolato anche te!"
"Piantala  di parlare male di lui e di accusarlo senza prove per..."

    Aveva alzato un dito mettendoglielo sulle labbra e l'aveva guardata serio negli occhi, quasi arrabbiato per chissà quale assurda ragione stavolta.

"Senza prove?  E' entrato al Two Mask vero? Dicendoti che aveva qualcosa da fare e tornava subito? Quindi sai anche che è un bordello nel retro e che lui è un cliente fisso da ancora prima che mettesse il primo pelo? Che ha sempre fatto così con tutte le schiave che sono passate per il suo tetto? Perché credi che ti abbiano scelto? Per le tue grandi capacità culinarie o come domestica? Per il tuo carattere docile e facile da addomesticare?" le aveva preso la faccia con una mano stringendolo un po' "E' per il tuo bel faccino. E se non riesci a capirlo, credo proprio di essermi sbagliato su di te e non mi servi proprio a niente."

    Aveva concluso con disprezzo lasciandoglielo, mollandola lì come una fessa.
Continuava a dire a se stessa che Adrian era un bugiardo, che sempre e comunque avrebbe fatto di tutto per rovinarle la vita, ma sapeva, in un angolo del suo cuore, che aveva ragione su tutti i fronti.
Era corsa dentro il locale fregandosene se quella megera di una cicciona voleva impedirle di farla passare nella zona del retro. S'era messa a cercare tra le camere, una più lurida dell'altra, ragazze più o meno della sua stessa età, tutte con il collare addosso, che vendevano la loro gioventù come carta straccia. 
Infine l'aveva trovato con una che doveva essere più grande di lui ma che, da quello che comprese in seguito, conosceva tutte le fantasie dei suoi clienti.
Fu allora che imparò.
Serrò i pugni, chinò la testa e si allontanò da un uomo nudo che continuava a chiamarla per nome. 

"Dobbiamo parlare."
"Come osi piccola lurida schi..."
"Ho nel grembo il figlio bastardo di tuo figlio." l'uomo s'era ammutolito. "Bene, ora che ho la sua attenzione ci tengo a precisare una cosa: mi chiami un'altra volta piccola lurida schiava e giuro che la sua bella azienda che vive in questa cittadina così...ortodossa, chiuderà i battenti in poco tempo. Ora..." s'era accomodata accavallando le gambe e aveva sorriso. "parliamo di affari."

***

16 Febbraio 2517, Horyzon

    Avevo scritto qualcosa su un foglietto e l'avevo dato a John senza dire niente mentre mi ero spostata a versarmi il the in una tazza come se non fosse successo niente.

"E' il numero di un mio collega, credo che ti potrà aiutare."

   Era rimasto ancora più perplesso l'uomo che, probabilmente, si aspettava compassione e comprensione da me dimostrandosi debole, rivelandomi che aveva baciato e tentato di stuprare un'altra donna in un momento in cui non era lui. Illuso.

"Immagino che ti starai domandando che cosa stia pensando. Se ti credo o meno. Il fatto è che, John, se ciò che dici è vero, hai bisogno di uno specialista e non posso aiutarti conoscendoti sin troppo...intimamente. Se ciò che mi stai dicendo è una balla, ne hai doppiamente bisogno, perchè solo un folle potrebbe credere di avere qualche possibilità di farla franca con me. A te la scelta della versione."

Distaccata. Insensibile. Gelida. 

"Metti quella dannata testa in ordine."

   E, nonostante una parte sembrasse che volesse tifare perché dimostrasse veramente che voleva rimediare,  dall'altra il mio istinto di sopravvivenza aveva la meglio sul mio cuore.
Come una superficie di ghiaccio che ti può bruciare restando troppo a contatto sulla pelle nuda, così sono diventata dal momento esatto in cui ho barattato mio figlio per la mia libertà, in cui ho compreso quanto sia dannoso e pericoloso seguire false illusioni che non sono sostenute dai fatti.





martedì 3 febbraio 2015

Winter


    Ogni pelle ha un suo sapore e un odore differente, unico e inconfondibile, ma non ho mai prestato attenzione a questi piccoli dettagli.
Il sesso è sempre stato per me qualcosa per appagare un desiderio immediato, un bisogno fisico, un istinto animale, nulla di più.

"E' stato splendido. Speciale."

   Erano state le prime parole che mi aveva rivolto John, ancora sdraiati su quegli asciugamani scomodi. 
Non mi ero mai concessa il privilegio di permettere al sudore di asciugarsi ancora avvolta da quel profumo maschile in modo da memorizzarlo.

"Non è stato semplice sesso è stato...come qualcosa di più importante. Un suggello."

    Avevo spalancato gli occhi osservando il soffitto che sembrava avvicinarsi a me sempre di più, soffocandomi. Avevo sorriso utilizzando la scusa che dovevo tornare a casa per andare a far lezione presto il giorno dopo per rivestirmi in fretta.

Lui sorrideva.
Io tremavo.

   Non poteva comprendere come quelle parole bruciassero più della marchiatura a fuoco che ho sul fianco così che, nella certezza del terrore che provavo gli avevo lasciato l'ombrello correndo sotto la pioggia per lavare via quell'odore estraneo che mi rendeva prigioniera di legami invisibili.


***


Clackline, 25 Dicembre 2504


Nevica fuori dalla finestra dell'ospedale.
Ancora dolorante per l'intervento che le ha estirpato l'ultima parte di una stupida fantasia, scrive una giovane Sophia su un piccolo diario, prude il collare che le stringe sempre troppo il collo.




Inverno

Si è fermato il tempo
sotto i ghiacci perenni
di un inverno che, 
senza possibilità di ritorno,
ha avvolto ogni cosa.
L'Estate, 
prigioniera di catene invisibili,
resta immobile a osservare
la neve cadere, immobile.

Si è fermato il tempo, 
come il mio cuore
sotto la pressione della gravità
che, implacabile
riduce al nulla ogni tentativo
di spiccare il volo.
Così che, seppur priva di collare,
resto prigioniera
delle mie Paure.

E le braci di quel fuoco,
lentamente,
consumano i loro giorni
soffocando la luce
divorata dall'oscurità.